I luoghi del Tè in Italia, Rinascimento -Roma ed il Vaticano
Nel tardo rinascimento troviamo i primi documenti inerenti la bevanda del tè. Nel caso del Vaticano si tratta della corrispondenza scambiata con il lontano continente asiatico per mezzo di commercianti e banchieri.
Nel XVI secolo il Vaticano, forte dell’appoggio delle corti reali di Madrid e Lisbona compie una grande opera di evangelizzazione in Oriente, grazie anche all’operato della Compagnia di Gesù. Il latino si conferma come lingua universale e le lettere delle missioni diplomatiche vengono diffuse in Europa al fine di trasmettere l’immagine di una Chiesa potente, salda e prospera. I resoconti della Compagnia di Gesù contribuiscono a far crescere la curiosità dei lettori romani ed europei per l’oriente. Lo stesso Ignazio di Loyola, Padre Superiore dei Gesuiti, esprime il suo interesse, condiviso da molti, per tutto ciò che di straordinario viene dall’oriente: animali e piante esotiche, medicine, usi e costumi.
In particolare, le missive del 1552 dei gesuiti Alessandro Valignano e Francesco Saverio, svegliano la curiosità intorno alla cerimonia giapponese del Te’ (Chanoyu). Nel 1580, forte della sua posizione di Ambasciatore raccomanda la diffusione del tè per incrementare e rafforzare gli interessi della Compagnia di Gesù nel Giappone e nelle zone limitrofe. La Compagnia rinuncia addirittura al proprio voto di povertà pur di legarsi ai potenti orientali ed il consumo comune del tè suggella accordi ed intrighi diplomatici. Nel 1591 Alessandro Valignano si reca alla corte di Gamō Ujisato, regnante giapponese Cristiano ed esperto del Tè.
Sempre in questo periodo vengono pubblicati ad opera Giovanni Pietro Maffei “Historiarum Indicarum Libri XVI”, un resoconto delle missioni dei Gesuiti in Oriente. Riguardo all’uso cinese del tè Maffei scrive: “… essi ricavano una bevanda premendo da una certa erba un liquore molto sano che si chiama Chia, e che bevono caldo, come fanno i giapponesi. Il consumo di questa bevanda li porta a non conoscere il significato di catarro, pesantezza della testa, o stanchezza degli occhi, e a vivere una vita lunga e felice, senza dolore o infermità di qualsiasi tipo”.
Anche nella sua ‘Storia del mondo’ Botero descrive l’uso del te’ cinese e giapponese, lodandone le preziose qualità salutari.