Anji Bai Cha – uno dei tè verdi più importanti del mercato domestico cinese
L’Anji Bai Cha è uno dei tè verdi più importanti del mercato domestico cinese ed internazionale. Nello Zhejiang è riuscito grazie alla sua marcata dolcezza e cremosità a guadagnare in pochi anni una reputazione che gareggia con i grandi nomi della tradizione.
Non ci vuole molto per intuire che Anji è una città chiave della produzione di tè in questa parte della Cina. Appena arrivati alla stazione di quella che loro stessi chiamano la “Città del Tè” si può scorgere la piazza di scambio che diventa una Wall Street del tè durante il periodo di raccolta.
Ad aspettarmi c’è Chen, una giovane ragazza che sta portando avanti l’azienda lanciata dal padre negli anni 90, ovvero quando l’Anji Bai Cha – 安吉白茶 divenne il promotore di una crescita economica che risollevò l’intera area.
Questo tè, come molti dei tè e della cultura cinese, ha delle origini leggendarie. Infatti apparirebbe già in un libro di 900 anni fa: il Da Guan Cha Lun, nel quale viene menzionata una pianta di tè crescere in queste zone dal colore verde pallido, è infatti da colore delle foglie che derivail suo nome: “bai cha” significa infatti tè bianco. Ma di fatto la storia di questo tè è al quanto recente: infatti la produzione di questo tè risale solo agli anni 80, quando un ricercatore botanico trovò quella che lui reputava essere la pianta menzionata nel libro. Che sia vero o una trovata atta ad attribuire nobiltà ad una nuova cultivar, non ha poi molta importanza.
Negli anni a seguire questa pianta ebbe un boom agro-economico senza precedenti che portò quella singola pianta ad essere una delle più coltivate in Cina. Dico singola perché difatti tutte le piante ora presenti sono cloni riprodotti per talea di quella pianta originale e tutte le piante da lei derivate sono sterili. Il che ovviamente espone il mercato ad una grande fragilità: se si ammala una, tutte le altre sono condannate ad una fine simile.
Avvicinandoci al cuore della produzione del Bai Cha mi viene spiegato che nel 2005 il governo vietò la costruzione di nuove piantagioni nella contea di Anji. Quella che sembrava una norma abbastanza autoritaria, dopo qualche chilometro si dimostra essere il minimo buon senso ambientale. Lontano quanto l’occhio possa vedere si stendono le piantagioni di tè, che ricoprono anche colline e montagne.
Per la produzione dell’Anji Bai Cha sono utilizzate tre cultivar: la tradizionale Anji Bai Ye, la Huang Jin Ya e la Huang Jin Ye. Le ultime due sono cultivar presenti in stretta minoranza e usate per le qualità più alte. L’ Anji Bai Cha è lavorato anche come tè nero, sebbene questo costituisca solo una frazione minore della produzione, e sia molto meno famoso del fratello “verde”.
La raccolta avviene una volta l’anno, tipicamente verso la metà di marzo, e si protrae dai 15 ai 20 giorni. Il periodo di raccolta vieni poi suddiviso in sub-periodi di 3-5 giorni che vanno a indicare le gradazioni, cosicché a seconda dell’anno si possono avere dalle 3 alle 5 gradazioni, dove la numero uno è la più pregiata.
La raccolta è abbastanza fine, si parla sempre di 1 gemma e 1 foglia. Il processo di lavorazione è corto e raramente supera il giorno e mezzo dalla foglia fresca al prodotto finito.
I passaggi della produzione sono:
- Appassimento;
- 1ª cottura al wok meccanico e creazione della tipica forma ad ago;
- Ossigenazione;
- 2ª cottura al wok meccanico;
- Selezione delle foglie;
- Seccatura al forno a bassa temperatura (40-60 °C).
Una caratteristica di questo tè è di non avere alcuna fase, fatta forse eccezione per la selezione, che non sia meccanica. Ma al contrario di altri tè cinesi che si sono solo recentemente convertiti alla meccanica, Anji ha da sempre investito su questo aspetto.
La ragione di questo si trova nella storia economica e la posizione geografica. Poiché come menzionato precedentemente, questo tè fu sin dagli albori visto come un mezzo di ripresa economica per una campagna molto povera. L’unico modo per entrare nel mercato dei grandi verdi dello Zhejiang senza una grande tradizione era proprio far gioco sulla modernità della propria produzione.
Il governo quindi è sempre stato molto coinvolto nelle vicende di questo tè, e tutt’oggi la contea di Anji invia piante di Bai Cha in tutta la Cina allo scopo di aiutare altre zone povere a svilupparsi. Questo rende il Bai Ye una delle cultivar più coltivate in Cina e nel mondo, di cui solo una frazione ormai è costituita dalle piantagioni di Anji.
Uno dei tratti caratteristici di questa cultivar è il particolare colore verde pallido delle foglie. Questo pigmento bianco/crema è presente in tutte e tre le varietà, ma particolarmente marcato nel Huang Ya e nel Huang Ye, e si tramuta in verde acceso quando la temperatura arriva intorno ai 25°C.
Il governo quindi è sempre stato molto coinvolto nelle vicende di questo tè, e tutt’oggi la contea di Anji invia piante di Bai Cha in tutta la Cina allo scopo di aiutare altre zone povere a svilupparsi. Questo rende il Bai Ye una delle cultivar più coltivate in Cina e nel mondo, di cui solo una frazione ormai è costituita dalle piantagioni di Anji.
Uno dei tratti caratteristici di questa cultivar è il particolare colore verde pallido delle foglie. Questo pigmento bianco/crema è presente in tutte e tre le varietà, ma particolarmente marcato nel Huang Ya e nel Huang Ye, e si tramuta in verde acceso quando la temperatura arriva intorno ai 25°C.
Un’altra caratteristica di spicco è il contenuto nutrizionale, infatti l’Anji Bai Cha è straordinariamente ricco in aminoacidi, significativamente più presenti che nelle altre cultivar dello Zhejiang, rendendo questo tè famoso e sinonimo di benessere.
Anji è sì un tè prodotto industrialmente, ma che sa porre l’attenzione dove serve: la raccolta è esclusivamente manuale.
Si tratta di un gran tè che non vuole richiamare all’artigianalità, ma guarda ad un futuro in cui la modernità possa convivere con la tradizione e forse ci sta mostrando quello che sarà il futuro di molti tè, anche in questo paese che si è dimostrato l’ultimo baluardo dell’artigianato del tè.
Esperienze di Tè Cinese, a cura di:
Federico Francesconi
Fin da piccolo, grazie alla passione dei genitori, ha bevuto i grandi tè cinesi e crescendo la passione non ha fatto che approfondirsi. Fino a portarlo a viaggiare nell’estremo oriente per scoprire in profondità il mondo del tè. Ha quindi fondato insieme al fratello Pierpaolo il progetto Sogno Sinensis, che vuole aiutare a far conoscere all’Italia e all’occidente la bellezza e le delizie del grande tè.
Ora vive e lavora in Cina, in Hangzhou, nel settore dell’accoglienza, e il tempo libero lo dedica ad esplorare la smisurata cultura del tè dell’area e di quelle limitrofe.